Idylio

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Idylio

Idylio è il nuovo ristorante dello chef Francesco Apreda, situato tra piazza della Minerva e Piazza Navona, al piano terra dell’hotel The Pantheon Iconic.
Credo che per quanto riguarda lo chef in questione non ci sia bisogno di troppe presentazioni, Francesco Apreda dopo 15 anni di lavoro presso l’Imagò, noto ristorante stellato all’ultimo piano dell’hotel Hassler, decide di fare un altro percorso e scegliere una nuova strada che lo porta direttamente e senza nemmeno un giorno di riposo (come mi ha raccontato) a buttarsi a capofitto in una nuova avventura che si chiama Idylio.

L’ingresso abbastanza riservato del locale, un ambiente più semplice e meno ingessato dell’Imago, la sala moderna tappezzata di rosso e di farfalle, lo rendono un setting perfetto per una cena molto chic per chi vuole stupire, ma sicuramente in chiave più easy.
Niente tovaglie sui tavoli, un servizio attento ma giovane e non eccessivamente formale, che quasi fa tirare un sospiro di sollievo rispetto alla precedente location.

Si accede al ristorante tramite un piccolo bar, la sala non è molto grande, a far bella mostra di se un lampadario, abbastanza scenico, e sullo sfondo della sala, la cucina, visibile tramite una grossa finestra ma che a discrezione della staff può essere chiusa o aperta, per rendere l’ospite partecipe di ciò che avviene all’interno.

Un volta consultato il menù, la scelta ricade sul degustazione “Iconic” che si compone di 7 portate, al costo di 140 €. Tutti i piatti dei 3 menù degustazione possono essere presi alla carta e combinati insieme, come si preferisce. Il prezzo dei piatti alla carta va da 27 e 45 €. Eccezione fatta per il “pollo ai peperoni alla romana”, al prezzo di 78 €, non mi chiaro se si è trattato di un errore nel menù oppure effettivamente di quel piatto mi sta sfuggendo qualcosa. Non ho domandato, perciò rimarrò nel dubbio fino alla prossima volta. Il piatto con il pollo fa parte del menù “Inside” tutto dedicato alla tradizione romana.

Arriva quindi il momento dei primi assaggi, il pane innanzitutto, e arriva il tarallo con polvere d’oro e le sfoglie di pane tandoori, insieme all’aduse bouche:
panzerotto scarola e alici,
gnocco di semolino (tipico romano) ripieno di pecorino con un acciuga e gelatina di limone e vaniglia,
involtino di coda alla vaccinara avvolto in alga nori. Solo l’involtino con l’alga mi ha convito meno, il resto tutto delizioso.

Sempre fuori menù, come aperitivo, arrivano anche degli involtini di spuntature di maiale con lattuga di mare e limone di Sorrento, che al momento di servizio prevedono l’aggiunta di brodo di ragù napoletano, molto saporito e che davvero mette appetito. Gli involtini, si accompagnano con la focaccia affumicata, che si realizza con l’infusione di due varietà di tè uno cinese e uno giapponese, a parte in un’altra ciotola, la burrata, accompagnata da olio extravergine di Andria, il denocciola de la Muraglia.

Finalmente si entra nel vivo del menù, il piatto di chiama: “foie gras, frutta secca e spezie” e più che un piatto è un vera mini-degustazione della degustazione.

L’idea che sta alla base della portata è quella di replicare 4 tipi di dessert differenti tutti realizzati con il foie gras.

Si parte quindi da un bigne di nocciole, ripieno di foie gras al garam masala, sale caramellato e pasta di nocciole.

L’assaggio successivo è un mini cannolo siciliano, l’impasto è quello tipico del cannolo con marsala e poi fritto, ripieno di foie gras marinato al porto e brandy al quale poi vengono aggiungi cranberry, una gelatina di zenzero e una fogliolina di menta.

Nel piatto grande è adagiata la classica terrina di foie gras, questa viene bruciata e caramellata con lo zucchero muscovado grezzo, poi viene aggiunta la polvere e il gel di mandarini, i kumquat caramellati e i grani di senape. Sopra alla terrina un blend di mandorla, ciliegie e tè nero, disidratato. La terrina è da accompagnare al pan brioche servito su piattino caldo, aromatizzato all’anice e al caffè.

La portata di foie gras si conclude con la panna cotta, anche questa base di foie gras condita con arachidi, semi di sesamo, semi di papavero, cocco e composta di arance.

Una portata assolutamente eccezionale per me che amo il foie gras, ma soprattutto perché è un vero viaggio tra mix e consistenze incredibili, dove le spezie ti traghettano da un piattino all’altro inebriandoti.

Dopo un piatto così difficile poter pensare di desiderare di meglio ma poi arriva un grande classico dello chef, la capasanta con la mozzarella, impanata nel panko e un altro pane grattato cinese, questa viene servita con salsa alioli, tartufo nero, funghi shitake, una foglia fritta di verza. A parte, in un bicchierino, si aggiunge il brodo caldo di shiitake, i funghi giapponesi, che accompagno il piatto con una bella dose di umami in grado di amplificare i sentori di tartufo e fungo. Anche questo un piatto perfetto nella sua composizione, croccante e intensissimo. Tutti i sapori si rivelano in bocca con precisione, in una crescendo incredibile.

Seguono quindi i primi piatti.
I famosi “cappellotti ripieni di parmigiano e brodo di tonno”, piatto che avevo già assaggiato e che ricordavo come uno dei cavalli di battaglia dello chef, anche questa volta l’ho trovato notevole.
La sfoglia fina della pasta è ripiena di parmigiano di vacche rosse stagionato 30 mesi, saporito e gustoso, alla base del piatto alcuni fagiolini di soia, servono a dare la croccantezza, viene versato poi sopra il katsuobushi (brodo di tonno affumicato giapponese) unito a del cipolloto infuso.

L’altro primo piatto sono dei capellini d’angelo cotti in brodo di spigola e anguilla, vengono adagiati su una crema di pastinaca, conditi con una salsa aglio, olio e peperoncino, pomodorino confit e crumble di fave di cacao. Sopra alla pasta, per riprendere il gusto del brodo di cottura, viene riportata l’anguilla marinata e scottata. Primo saporitissimo e dal gusto più mediterraneo del primo.

Purtroppo non ho la foto del “merluzzo nero e scapece di verdure”.
Si tratta di un secondo piatto di pesce, abbastanza complesso nel gusto, infatti la pelle del pesce subisce un processo particolare viene caramellata con lo zucchero, tanto che la pelle si potrebbe mangiare a parte perché è proprio una preparazione a se. A me ha ricordato un po’ quelle anguille cucinate alla giapponese.
Sopra al pesce, in cima, c’è sale nero di kala namak (un particolare sale indiano, zolfato), salsa di patate viola e cavolo viola. Insieme anche la polvere di cavolo viola e il cavolo viola fermentato. Il tutto conferisce al piatto un colore nero-violaceo davvero particolare.
A finire la composizione poi, c’è la scapece: rape e melanzane, che riportano all’origine partenopea della cucina di Francesco Apreda.

Altra portata che sale sul podio tra i migliori della serata è il piccione marinato in yogurt e curcuma.
Un volta servito al tavolo si completa il piatto con un ragu di piccione fatto con le cosce del volatile e pomodoro datterino. Sulla base, una polvere di curcuma e tapioca, la carne è accompagnata dal gusto dolce di un mango arrostito e dell’uva sultanina cilena. La carne di piccione tenera e morbida come di rado ne ho mangiate.

Mentre si finiva l’ultimo calice dello champagne che ha accompagnato la nostra cena, il George Laval Brut nature, arriva anche il pre-dessert. Una fresca e dissetante ciotola a base di una sorta di sorbetto alla mela verde, cucunci, meringa caramellata calda e una fettina di finocchio. Piacevole e rinfrancante per il palato dopo l’intensità di un piatto come il piccione.

Il dessert, in questo caso è davvero insolito, ha le sembianze di una mozzarella di bufala e viene fatta con latte di bufala e yogurt di bufala, sotto c’è una granita al cocco e litchis, sulla base e poi ci sono i lamponi.
La consistenza del dessert rimane una cosa che difficilmente si dimentica, la pellicina esterna del dolce replica precisamente la consistenza della mozzarella con la sua tipica elasticità, all’interno il ripieno è morbido e cremoso, ma anche sodo al taglio, dal gusto lievemente acidulo dello yogurt. Sulla consistenza sono rimasta davvero sorpresa, mi ha convinto meno invece l’abbinamento con la granita.

A concludere una piccola pasticceria che porta a gusti lontani, ingredienti particolari che fanno viaggiare:

il fondente al tè matcha è stato il mio preferito, poi c’era un bocconcino al cocco e gelatina al limone, un mochi in stile giapponese, una frolla al grano saraceno e gelatina di pesche e prosecco, un babà infuso al sakè con semi di frutto della passione.

In attesa che torni la stella Michelin anche in questo nuovo locale di Francesco Apreda, io vi consiglio di approfittarne adesso.
Parlando con lo chef, abbiamo saputo che presto inaugurerà la ristorazione anche sulla terrazza dell’hotel, con una formula più easy, di cui non ci ha potuto rivelare molto, ma che già non vedo l’ora di provare.

Idylio
The Pantheon Iconic Rome Hotel,
Via di S. Chiara, 4/A, 00186 Roma RM
+39 06 87807070

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