Taki labo’

Taki labo’

Taki labo'

Forse avrete già sentito parlare di Taki, e forse ne avete sentito parlare perché è un buon ristorante giapponese, che affaccia direttamente su piazza Cavour a Roma. Siamo proprio nel cuore di Prati, i patron del locale, Taki Onorio e Yukari Vitti scelgono di specializzarsi in una cucina che segue la tradizione di Kyoto e che continua a raccontare il Giappone in maniera autentica e rispettosa delle regole.
Ma sono quasi certa che, di questa novità, ancora qualcuno non ne è venuto a conoscenza.
Al rigore e alla tradizione del ristorante Taki si affaccia una controparte, scapigliata, eclettica e innovativa. Alcuni l’hanno definita la versione punk di Taki.

Ebbene qui, da qualche tempo, dal 21 luglio precisamente, è iniziato il progetto di Taki Labò, a firma dello chef Massimo Viglietti.
Sono solo 15 posti a sedere, ben distanziati e nella sala kaiten tra Bonsai e stampe di carta di riso, qui va in scena qualcosa di completamente diverso, che ora vi racconterò, ma prima due parole su chi è lo chef che ha dato inizio a questa avventura.

Viglietti arriva a Roma 5 anni fa dal Palma di Alassio (già 2 Stelle Michelin) per andare all’Enoteca Achilli al Parlamento (premiato anche qui con la stella Michelin), qui  conosce Yukari e Onorio Vitti e con loro decide di intraprendere  una nuova sfida: dirigere TAKI LABO’, anteprima di TAKI OFF, una versione laboratorio “spin off” del futuro progetto gastronomico in via di realizzazione e che ora viene ospitato nell’ala dedicata alla ristorazione dinamica del kaiten.
Spiega lo chef Viglietti: “Per me sarà una palestra, un laboratorio dove lavorare alle mie idee, per poi lanciare successivamente TAKI OFF. I clienti vivranno un’esperienza immersiva, ogni sera ci sarà una performance differente, con la mia musica di sottofondo. Nei piatti troverete gli ingredienti giapponesi ma non solo, perché ho pensato a delle proposte senza frontiere: dovrete prepararvi a “The dark side of Taki”, una sua altra faccia ripensata da me, per chi vorrà vivere una serata inaspettata. In alternativa si potrà sempre scegliere l’armonia di Yukari, che sa mostrare il lato più vero del Sol Levante”,.

Cosa si assaggia da Taki Labo’ che poi sarà Taki OFF? Scordatevi gli schemi mentali dell’antipasto primo e secondo, qui tutto è completamente fuori dagli schemi, le portate seguono un ordine non stabilito e quello che si può scegliere sono le due le proposte: una in dieci portate con wine pairing a 130 euro e l’altra un percorso in sei portate, sempre con abbinamento di vini e bevande, a 90 euro.
Le bevande sono parte integrante del percorso supportano il piatto e lo completano per questo per avere un esperienza “completa” bisogna affidarsi alla scelta che è proposta, infatti gli abbinamenti, senz’altro originali e riusciti non sono tutti giocati sul classico bicchiere di vino ma spaziano dal sakè in versione spumantizzata al tè tostato giapponese, addirittura con brodo e tuorlo d’uovo, ci credereste?
Bè credeteci perché in questa cucina tutto è possibile!

Viglietti seleziona la sua musica, resta in sala, innesca il dialogo con i partecipanti è un vero show man, ed è una una cena spettacolo quella che va in onda ogni sera, un’esperienza completa che prevedere l’utilizzo dei 5 sensi e anzi, per divertirci di più a provocare reazioni insolite, si può mangiare bendati e si può gustare la cena in silenzio prediligendo la compagnia delle note musicali e dei bassi che fanno vibrare ritmicamente il nostro stomaco.

Tutto è esperienza qui, bisogna avere solo la sensibilità di accoglierla in maniera umile e ascoltare, lasciarsi trasportare, forse se non siete disposti a spegnere la vostra voce in favore di quello che è l’invito a sentire, fareste meglio a non andare da Taki Labò.

Il menù comprende molte contaminazioni giapponesi, ma poi segue strade insolite, dettate dalle esigenze compositive dello chef, gli assaggi iniziano con i grissini al wasabi e l’amuse bouche a base di patè di quinto quarto in sfoglia croccante e tris di fritti: una polpetta di carne wagyu, dei piccoli gamberetti bianchi di Fiumicino da mangiare interi e del formaggio Montasio impanato e fritto.
Si prosegue con un’Insalata croccante di verdure, baccalà e foie gras condito con aceto giapponese ponzu, salsa su base agrumata, con aceto di lampone e aggiunta di olio extravergine d’oliva ligure (terra di origine dello chef).

Se ancora non siete rimasti sorpresi dalle prime portate ci penserà la portata successiva a sorprendervi. Al tuonare delle parole “lo chef è un violento” di Viglietti, teste di gambero rosso vengono spremute a freddo con le mani, sulla mia tartare di scottona direttamente da lui, e il piatto parla da solo: umami, salino, la con una tapenade di olive e lo yogurt completano il tutto.

I Gyoza, sono il piatto che segue, sono piastrati e serviti con pepe verde Sakura e riso trasformato in salsa, come da tradizione giapponese, e sono ripieni rispettivamente di gamberi, maiale e verdure, accompagnati da una tazza di brodo vegetale alla moka express fatto con katsuobushi (tonno essiccato), pomodorini, cipolle, scalogno, sedano, aglio ed erbette a cui si aggiunge un tuorlo d’uovo: l’uovo e il brodo, serviti in tazza separatamente, vanno tenuti per accompagnare e credetemi, esaltano davvero il sapore dei ravioli.

Sempre per continuare con la componente ludica della cena, viene servito un Bento giapponese, lo chef spiega che questo piatto è l’elogio ai grassi e dentro si compone di un’Anguilla laccata alla giapponese, leggermente arrostita accompagnata da crema parmentier, lavorata come un purè, a base di patate, robiola, sesamo che gli dona un sentore di cioccolato  tostato. Ad accompagnare una sottile fetta di mela verde, infusa in uno sciroppo di maggiorana, in un contrasto grassezza/freschezza.

Tra i piatti che ho preferito della cena ce ne sono stati 2 in particolare, il Wagyu, e gli spaghetti freddi di soba integrale con salicornia in tempura e sardine affumicate, salsa bernese, funghi ovuli e brodo di ovulo aromatizzato. Il piatto è freddo e viene servito con un brodo di funghi, umami all’ennesima potenza anche qui, il tè, anch’esso tostato che accompagnava la soba creava un match particolarmente azzeccato a mio parere.

Non si può non rimanere sorpresi e colpiti dai dolci che vengono serviti qui, avreste mai pensato di trovarvi del caviale o un gambero in un dessert? Bene, qui lo chef ci è riuscito.

Nel piatto a base banana e caviale (non ho foto purtroppo) lo chef spiega che il caviale si compone di due elementi il sodio e il potassio, la banana ha la stessa componente di potassio e quindi si sposa alla perfezione resta quindi la nota salina del caviale contrastata dal cioccolato bianco, mangiando il piatto con due cucchiai si nota proprio il connubio estremamente riuscito a mio avviso.

L’altro dessert si compone di gelato allo zenzero, crumble salato e yuzu, il dolce si chiude con la dolcezza del crostaceo. il piatto si chiama “gambero Suzette” perché lavorato come una crepe in cui al posto del Grand Marnier viene usato lo yuzu. Interessante proposta anche questa che viene servita con un finto Campari, un sospetto che replica il Campari per spaziatura e colore, ma non ha affatto il campari all’interno è a base di assenzio invece.

Taki – Via Marianna Dionigi, 56/60
Aperto tutti i giorni 12:30/15:00 e 19:30/23:30
Taki Labo’ aperto da martedì a sabato 20:00/22:00
www.taki.it

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