Cacio ricette: il caciocavallo

Cacio ricette: il caciocavallo

Eccoci al nostro appuntamento mensile con le ricette a base di formaggi, in cui parliamo delle eccellenze del nostro paese in questo ambito. Dopo aver incontrato la bufala, lo stracchino quadro e via discorrendo, oggi torniamo in Valle Scannese, per parlare di un formaggio che non ha secondi per fama: il caciocavallo.

DEFINIZIONE:
E’ il più nobile dei formaggi del nostro meridione, ma è anche prodotto con qualche variante in molte regioni. Si tratta di un cacio semiduro a pasta filata (come la mozzarella) in genere a latte crudo vaccino. Il nostro paese vanta un nutrito numero di razze bovine con cui si realizza questo formaggio, tra cui forse la più nota è la razza podolica. Due le tipologie che sono tutelate dalla DOP: il Ragusano e il Silano

REGIONI:
Italia centro-meridionale, con moltissime varianti da regione a regione e da zona a zona.

LATTE:
vaccino intero, preferibilmente di animali da pascolo.

COME SI REALIZZA:
Le mucche vengono radunate al mattino per la mungitura, il latte fresco crudo viene fatto coagulare con caglio di vitello o di capretto a seconda se si voglia ottenere un formaggio più piccante o più delicato. La cagliata viene rotta in grumi grandi come nocciole, e lasciata maturare per alcune ore aggiungendovi a più riprese il siero, precedentemente estratto e scaldato a 60°, fino a portare la pasta alla giusta consistenza per essere filata.
La massa così ottenuta, poi, viene fatta scocciolare sul “tavoliere” di legno, e lavorata energicamente, a mano, in acqua caldissima fino a che fila senza rompersi, formando un lungo cordone. Il formaggio è tagliato e modellato nella caratteristica foggia piriforme, con una strozzatura apicale che dà luogo a una piccola testa. Le forme sono poi rassodate in un bagno d’acqua fredda, posate in salamoia, infine messe a stagionare in ambiente fresco e arieggiato, legate in coppia e appese a cavallo di appositi supporti. Il peso di solito è di circa 2 kg , può avere forma ovoidale, a fiasco, sferica, allungata e a goccia.

LA DEGUSTAZIONE:
La crosta è sottile, liscia, di color paglierino omogenea e compatta nel primo periodo di maturazione, tende poi a fessurarsi longitudinalmente e ricoprirsi, nel tempo, di muffe nobili.
La pasta presenta occhiatura sottile, di colore giallo paglierino o giallo intenso a seconda dell’alimentazione delle mucche, se gli animali sono al pascolo, questa sarà più gialla, per la presenza di betacarotene nell’erba. Con l’invecchiamento, cambia anche la consistenza e diventa progressivamente più dura, friabile e scagliosa. Il sapore è piacevolmente aromatico: dolce e delicato del formaggio giovane, si fa piccante e saporito con il tempo.
Nel caso in cui le mucche siano allevate allo stato brado o semibrado, si possono percepire le differenze tra i caciocavalli prodotti da latte maggengo (primaverile) e invernengo (invernale) i primi sono più aromatici, perché l’animale viene alimentato con erbe fresche, i secondi lo sono meno perché gli animali mangiano foraggio.

SULLE ORIGINI DEL NOME:
E’ un formaggio così antico che le origini del nome si perdono nella notte dei tempi. C’è chi ritiene che l’usanza, viva ancora oggi, di far stagionare le forme a cavallo su di un bastone o una trave, dia il nome a questo formaggio. Altri pensano che un tempo il cacio fosse fatto con latte di giumenta e il nome voglia ricordare l’antica origine equina. Altri ancora ipotizzano semplicemente le forme venissero trasportate anticamente a penzolini, appese alla groppe dei cavalli o che avessero dei cavalli stampigliati sopra.
Esiste un qasquawal in Turchia e un kackavalj nell’aria serbo-croata e ancora un katschkaval bulgaro, con piccole varianti nella grafia anche in Romania, Ungeria e Russia per formaggi del tutto simili, non solo nel nome, al caciocavallo nostrano. Per questo, non è ancora assodato se questo formaggio arrivi da lontano, addirittura dalle regioni mongoliche, nato per caso durante i lunghi viaggi attraverso le steppe o se invece sia originario dei nostri antichi casari, che nei secoli passati lo esportarono verso oriente.

MODI DI DIRE POPOLARI:
La tradizione del caciocavallo è così antica e radicata che ha dato origine a modi di dire popolari: “fare la fine del caciocavallo” cioè finire strozzato, come la forma appesa. Oppure, nel caso della forma di parallelepipedo, tipica del Ragusano, ha dato origine al detto: “ha quattro facce come il caciocavallo” ad intendere una persona falsa.

IL CACIOVALLO DI GREGORIO ROTOLO:
Gregorio Rotolo, produce sia caciocavallo che caciocavallo barricato, entrambi da latte crudo di vacche pezzate rosse italiane, allevate allo stato semibrado. Viene utilizzato caglio in polvere di vitello e la filatura avviene manualmente aggiungendo siero innesto, prodotto in azienda. Un mese di stagionatura, per ottenere un semi-stagionato, 2 o 3 mesi per ottenere uno stagionato.

COME PREPARALO:
Difficilmente, ho assaggiato qualcosa di più confortante e buono del caciocavallo leggermente cotto, io lo faccio spesso al forno, basta scaldarlo un poco e accompagnarlo con verdure e per me la cena è servita. Risulta perfetto per gratinare le verdure e arricchire piatti semplici. Un ultima idea veloce è quella di accompagnare le scaglie di caciocavallo con della rughetta e del buon balsamico, servendolo come antipasto.
La ricetta in cui ho utilizzato questo formaggio la trovate, al solito, su sito Qualeformaggio.

[FONTI:Le garzantine – Prodotti tipici d’Italia] 2