Cosa vuol dire: assaggiatore di Pane?

Cosa vuol dire: assaggiatore di Pane?

Cosa vuol dire: assaggiatore di Pane?

Cosa vuol dire assaggiatore di pane?
Un assaggiatore di pane è un esperto di analisi sensoriale di questo alimento e pertanto ne sa redigere un profilo che lo descriva in maniera analitica e sintetica, con tutti gli attributi relativi a questo determinato alimento.
Un assaggiatore di pane è in grado di partecipare a panel certificati per la determinazione delle caratteristiche dell’alimento al fine di delineare caratteristiche salienti di questo. Faccio qualche esempio, supponiamo si vogliano redigere le caratteristiche tipiche del pane di Vicovaro, un panel certificato può farlo e questo lavoro è utile per determinare poi le dop, le igp o anche semplicemente specialità del territorio utili per consorzi o altro.

Oltre ai panel dove l’assaggiatore di pane lavora in concerto con altri assaggiatori, da singolo, l’assaggiatore di base diventa poi un “soggetto” che sa distinguere e giudicare i prodotti farinacei con criterio. Tuttavia l’assaggiatore non è un panificatore, non ha competenze nell’ambito della lavorazione, anche se devo dire che le due cose spesso coincidono, chi ama il pane molto spesso panifica anche. Però il discorso è lo stesso del sommelier insomma, il sommelier non è detto che sia anche produttore di vino.

Quello che accade quando si diverta assaggiatori, come per l’olio, per le nocciole e per tutti gli altri alimenti, è che ci si rende conto che prima si aveva una concezione sbagliata e si ritenevano “buone” cose che in realtà purtroppo non lo sono.
Quando riesci a discernere quindi qualità da non qualità, inevitabilmente le tue scelte alimentari cambiano, i tuoi acquisti cambiano e si procede purtroppo diventando un po’ integralisti su quello che si mangia… ma non era in fondo questo quello che cercavamo fin dall’inizio?!

Dunque, come si fa a distinguere un buon pane da quello che non lo è?
La risposta non è poi così facile e neppure sintetica purtroppo sono tanti i punti che andrebbero approfonditi per rispondere ma vediamo se riesco a sintetizzarne qualcuno.

1. MATERIA PRIMA

Dico una banalità se dico che il pane buono deve avere buona materia prima? Certo che dico una banalità! Ma la verità è che la maggior parte dei pani in commercio, purtroppo sia nella grande distribuzione, sia in parecchi forni, non hanno una materia prima buona di partenza.
La farine raffinate fanno ottenere dei pani molto soffici e leggeri. Pani bianchi inodori e insapori.
Un tempo i pani così raffinati erano considerati pani dei “ricchi” nel caso dei nostri nonni, per una generazione questa credenza ha guidato le scelte di consumo e oggi questi pani sono quelli destinati al grande consumo. Fino alla metà del secolo scorso i pani erano di farine poco raffinate, saporiti, profumati e ricchi di fibre, via via che la tecnologia ha portato a produrre farine sempre più sottili e sempre più raffinate i pani hanno cominciato a trasformarsi e a comparire sulle tavole nobili. Il grado di raffinazione è sempre aumentato e oggi siamo abituati ad avere del pane chiaro sulle nostre tavole. Se vogliamo un pane integrale, nei forni troviamo il pane con farina raffinata addizionato di crusca. Per legge si può chiamare farina integrale quella che abbia un certo livello di ceneri all’interno, e invece che macinare il cereale togliendo parte di crusca e lasciando il chicco integrale appunto, è più economico prendere lo scarto (la parte più esterna) aggiungerlo ad una farina “standard” e fare dei pani definiti integrali.
Per intenderci la crusca noi non la digeriamo! E’ solo l’utilizzo del lievito madre che in parte “predigerisce” le crusche che rende il pane più digeribile anche per noi.
I forni “illuminati” non vedono l’ora di raccontarvi quale farina usano e quale grado di “abburattamento” le loro farine hanno, quando usano una farina integrale buona lo dicono a chiare lettere.
I forni che non dicono, non specificano, non sanno, evidentemente non hanno una buona materia prima.

2. L’ALVEOLATURA DELLA MOLLLICA

Grande, piccola, media, equiditribuita, verticale ed orizzontale…
Tanto ci può dire la mollica di un pane.
Tuttavia prima di interpretarla e dare giudizi bisogna sempre capire che tipo di pane abbiamo davanti.

Alveolatura tanto desiderata! Ma troppo grande a volte (a volte ribadisco!) è indice di difetto:
a- se si usa un lievito madre le alveolare troppo grandi, sono compatibili con problemi di eccessiva acidità della pasta madre.
b- alveoli troppo grandi concentrati nel sottocrosta indicano formazione di bolle all’interno, quindi un pane che ha avuto un problema di crosta troppo secca.
c- Se si usa lievito chimico, potrebbe essercene troppo o aver sbagliato l’idratazione forzandola su farine troppo deboli.

Alveolatura molto fine e omogenea: è compatibile con alcune tipologie di pane, come i panini all’olio e il pan carrè ma se è un alveolata molto fine su pagnotte o filoni vuol dire aver utilizzato farine troppo deboli a volte, o non aver dato una idratazione buona.

Alveolatura verticale o orizzontale:
Se una fetta di pane ha alveoli tendenti verso l’alto e verticali è un segno di buona lievitazione e buono sviluppo del prodotto che è cresciuto verso l’alto. Se l’alveolo è più orizzontale è più “seduto” potrebbe voler dire che ha lievitato oltre il tempo dovuto o non ha avuto una cottura ottimale.
Tendenzialmente il pane deve avere uno sviluppo verso l’alto: tagli e pieghe in superficie dovrebbero aprirsi, se vediamo in vendita pani il cui il centro non è fiorito o i tagli non si sono aperti, meglio evitare di comprarlo.

3. IL MITO DELLA “OO”

Tante volte, anche qui sul mio blog avrete letto farina 00, perché considerata la farina migliore per i dolci e per tante preparazioni. Bene, devo ammettere di aver mostrato la mia ignoranza, nello scrivere questo.
L’importante è capirlo e correggersi.
La 00 è la farina più raffinata, ottenuta attraverso la moderna macinazione mediante cilindri di acciaio. Nella “00” vengono eliminate tutte le parti migliori del grano a livello nutrizionale: la crusca e il germe del grano, ricco di vitamine, sali minerali e amminoacidi, tutto questo per rendere la farina più bianca e più facilmente lavorabile. Questa farina ha al suo interno l’amido (carboidrati semplici) e poche proteine (glutine). L’apporto nutrizionale all’organismo è molto basso e contribuisce all’aumento della glicemia.
In realtà ho capito che quello che interessa nelle preparazioni che facciamo non è tanto se la farina sia 00, 0 o 1, l’importante è il grado di forza della farina la famosa “W”, ovvero la capacità della farina di lievitare, più le W sono alte, più le lievitazioni possono essere lunghe.
Quindi se dobbiamo fare un dolce meglio usare una farina debole ma anche una farina integrale o una farina 1 può essere debole, non lo è solo la 00 e vi dirò di più la 00 può avere anche una W alta.

Pertanto supponiamo di comparare una farina in un mulino a pietra, in cui viene macinato l’intero chicco senza eliminare nessuna parte, questa farina non può essere considerata ne 0 ne 00. Il secondo passaggio che il mulino farà è la setacciatura la farina viene separata in base alla dimensioni dei “granuli”, questa operazione è l’abburattamento e da vita alle farine di tipo 1 o 2, contiene un maggiore quantitativo di crusca e di germe del grano, le parti più ricche di sostanze nutritive.
Le tipologie di grano macinate ci dovranno poi far scegliere la farina adatta in base alla forza.

4. IL MITO DELLA MANITOBA

La farina di forza per eccellenza è la Manitoba, è uno sfarinato tipico dell’America del Nord, è un grano tenero e si trova sempre sotto forma di farina 00. Grazie al suo elevato quantitativo di glutine è adatta a preparazioni con lievitazione lunga, la sua introduzione ha quindi reso possibile la realizzazione di una miriade di prodotti da forno molto più difficili fare con farine deboli, che sono più tipiche del nostro paese. Le farine di forza esistono solo di grano tenero, non esistono farine di forza di grano duro!
Tuttavia ci sono altri due fattori importantissimi per quello che riguarda l’utilizzo delle farine, i cosiddetti valori reologici:
Indice di tenacità (P) e L’indice di estensibilità (L).

Proprio il rapporto P/L indica il grado di estensibilità della farina. Con rapporti < di 0,5 di P/L si hanno farine molto estensibili proprie di impasti molli, estensibili e probabilmente collosi; al contrario con rapporti > di 0,5 si hanno farine via via più rigide proprie di impasti difficili da lavorare propri di pani poco voluminosi a mollica compatta.


Grafici da Wikipedia

La W è l’area sotto alla curva, che si può formare in diversi modi con alta tenacia e bassa estensibilità oppure bassa tenacia ma alta estensibilità, entrambe le farine hanno W alto ma sono molto diverse le prime sono più adatte per la pizza le seconde per il panettone.

Ma come si fa a capire la W quando non è scritta sulla confezione? Dalla quantità di proteine contenute:
farina debole: 8-9% di proteine
farine medie: 10-12% di proteine
farina forte: 13-14% di contenuto proteico
farine speciali: oltre il 14% di proteine

5. MA IL PANE BUONO ALLORA?

Dopo tutto questo disquisire sulle materie prima devo dire che il pane buono è quello che se lo si annusa profuma!
Profuma di cereali, può avere sentori fermentati di lievito madre o di lievito comune, può avere sentori vegetali, essere aromatico, profumare di semi e frutta secca.
Il profumo più bello a mio avviso da trovare sul pane è quello della reazione di Maillard, quando il pane profuma di tostato e di abbrustolito, ha sentori di caffè e malto, magari profumo di camino e fumo, sulla crosta, possiamo supporre che sia un buon pane.
Assaggiandolo deve avere un buon equilibro di sapori e non essere troppo amaro o acido.


Immagine da Inap Italia

6. LE DOP E LE IGP

Abbiamo tantissimi pani tipici del nostro bel paese, ognuno con le sue caratteristiche e peculiarità, molto spesso tutelati da disciplinari non fatti bene, che non riescono ad elevare il prodotto a standard qualitativi. Tant’è che molti nostri pani, sono venduti nella grande distribuzione creando delle brutte copie degli originali che invece rappresentano delle eccellenze… Qualche esempio nel Lazio? Il pane di Genzano, la ciabatta o le ormai introvabili ciriole.
Da assaggiatori o semplici appassionati si dovrebbe fare qualcosa per proteggere e valorizzare certe nostre specialità.

Con queste considerazioni chiudo questo lungo post, che spero potrà essere utile a qualcuno che vuole intraprendere questa strada.
Il metodo che io ho utilizzato per l’assaggio è il metodo Inap una scheda realizzata dall’associazione per essere utile nella realizzazione di profili sensoriali del pane. Walter Cricri insieme ad altri esponenti di questa associazione realizzano corsi al fine di divulgare questo metodo e renderlo utile per tutti gli appassionati.

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